Codici a barre, le principali tipologie e come funzionano

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Grazie al vero e proprio boom degli eCommerce e di tutti i vari negozi online che si è avuto nel corso degli ultimi anni, abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare la diffusione dei codici a barre. Nello specifico, sempre più di frequente si parla di codici a barre per Amazon, soprattutto da parte di tutti quegli utenti che ne fanno un ampio uso per rivendere i propri prodotti sulla piattaforma di commercio digitale più famosa al mondo.

I sistemi Amazon sono strettamente correlati ai codici a barre, ma in realtà è necessario sottolineare come i codici a barre facciano parte della nostra quotidianità già da tanti anni. Infatti, non fanno altro che memorizzare tutti quei dati che vengono sfruttati con un chiaro intento informativo oppure di carattere pubblicitario, ma soprattutto in relazione alla tracciabilità dei prodotti, come ad esempio gli alimenti, nel corso del loro ciclo vitale.

Le principali tipologie di codice a barre

Sono ben 13 le più diffuse e conosciute tipologie di codici a barre, che si differenziano soprattutto tra monodimensionali e bidimensionali. Partiamo dalla prima categoria, che include codici a barre EAN, ma anche Upc. Nel primo caso si tratta di codici a barre che vengono ampiamente impiegati nell’ambito della grande distribuzione in ogni zona del mondo, in modo particolare nel Vecchio Continente.

Si tratta di codici che ricordano da molto vicino quelli Upc. Interessante mettere in evidenza come si dividono, al loro interno, in codice EAN 13 e codice 8 EAN, una soluzione prediletta nel momento in cui lo spazio per la marcatura dei prodotti è decisamente limitato, come nel caso delle matite piuttosto che dei pacchetti di gomme.

Nel caso della categoria Upc, invece, si tratta di codici a barre che vengono sfruttati in modo particolare in nazioni come Usa, Regno Unito e Australia. Tra gli altri codici unidimensionali, troviamo certamente il Codice 93, l’ITF, il Codice 128, il Codice 39, il Codabar, il codice Msi Plessey e il codice GS1 Databar.

Nella seconda macroarea, ovvero quella dei codici a barre bidimensionali, ne troviamo alcuni che, nel corso degli ultimi anni, abbiamo imparato a conoscere molto bene, come ad esempio il codice QR. In questo caso, stiamo facendo riferimento a uno tra i più diffusi codici bidimensionali, ma soprattutto uno di quelli che si caratterizzano per essere in tutto e per tutto gratuiti. Interessante mettere in evidenza come siano in grado di adeguarsi a superfici piuttosto limitate, senza dimenticare come abbiano una buona tolleranza nei confronti degli errori e come vengano impiegati di frequenti sia per tanti servizi in ambito digitale che per menù e riviste.

Tra gli altri codici bidimensionali, invece, troviamo il PDF417: si tratta di un codice a barre che viene sfruttato su tutti quei prodotti che hanno bisogno della memorizzazione e archiviazione di un elevato numero di dati. Interessante notare come questi codici abbiano le capacità tali per poter contenere fino al massimo a 1,4 kilobyte di dati.

L’uso dei codici a barre

La lettura dei codici a barre avviene tramite l’uso di specifici dispositivi, che vengono ribattezzati scanner speciali o lettori di codici a barre. Interessante notare come tali device siano dotati di luci e lenti che vanno proprio a effettuare la decodifica dei dati che si trovano all’interno dei codici. Il trasferimento di tutte le informazioni avviene poi sfruttando un database, in cui i dati sono oggetto di apposita registrazione e tracciamento.

In fondo, i codici a barre stanno rappresentando un sistema per identificare in maniera estremamente veloce dei prodotti. All’interno di ogni settore industriale, infatti, vengono usati dei codici a barre, sia con l’intento di semplificare che di velocizzare le operazioni di tracciabilità. Al loro interno si trovano le più disparate informazioni, a partire dal luogo di origine fino ad arrivare ai dati relativi alla spedizione e alla consegna all’ultimo rivenditore.