Nelle case degli italiani ci sono ancora tante vecchie lire, ormai da anni impossibili da convertire in euro, si stima che il valore complessivo di lire non convertite ancora in circolazione corrisponda a 1,2 miliardi di euro. All’entrata in vigore della Moneta unica Europea, la legge determinava il termine per effettuare il cambio al 29 febbraio 2012 ma un decreto immediatamente esecutivo dell’allora Presidente del Consiglio Mario Monti, anticipava il termine al 6 dicembre 2011 mettendo in dubbio concretamente l’affidabilità delle leggi della Repubblica, in contrasto con i principi Costituzionali. La Corte costituzionale ha dichiarato illegittima tale norma governativa con sentenza del novembre 2015.
Cosa dice la sentenza
La Consulta, con la sua sentenza, ha dichiarato il diritto dei cittadini di convertire in Euro le lire in loro possesso, non solo quelli che si sono visti opporre un rifiuto a suo tempo ma anche tutti gli altri. In seguito alle istanze dei cittadini, sono state portate a compimento molte operazioni di cambio per un valore tale di 2 milioni e 564 mila Euro ma ancora tante sono le lire “dormienti” che potrebbero essere cambiate mentre la legge vigente non lo consente. Per questo servirebbe un provvedimento del Governo per consentire la reimmissione in circolo di un capitale notevole immobilizzato presso le famiglie italiane. Purtroppo questo non avviene anche perché questo comporterebbe un significativo impegno economico per lo Stato.
Come avviene negli altri Paesi
L’Italia è il Paese che ha posto il limite più stretto per la possibilità di conversione del vecchio conio mentre molti altri non hanno posto alcun termine oppure il termine stesso sarà negli anni ancora a venire come i Paesi Bassi lo hanno stabilito, ad esempio, al 1 gennaio 2032 mentre in Germania i vecchi marchi possono essere convertiti “sine dia”. Anche a fronte della sentenza della Corte Costituzionale sarebbe verosimile attendersi una riapertura dei termini temporali per la conversione delle lire in Euro ma dobbiamo considerare che siamo in Italia.